Agli inizi del secolo scorso, il dottor Edward Bach ha scoperto il potere curativo insito nei fiori di alcune piante spontanee della campagna inglese, e ne ha ricavato un sistema il cui grande merito è anzitutto quello di mettere in dubbio alcuni assiomi della medicina del tempo. E se non fosse il sintomo a dover guidare il medico nella scelta di un medicamento, bensì il paziente, con tutto il suo vissuto emotivo?
L’approccio del dottor Bach nasce dalla sua profonda convinzione che il sintomo non sia da interpretarsi come un “errore” casuale del corpo, ma come un messaggio del nostro Io, che vuole dirci che non stiamo più seguendo la strada che la nostra anima ha scelto di compiere prima di incarnarsi in questa vita. Che si voglia condividere o meno il pensiero del dottor Bach, oggi le neuroscienze ci hanno ampiamente dimostrato come all’interno di noi esista un vero e proprio network e che non esiste cellula del nostro corpo che non sia in grado di comunicare con tutte le altre.
La psicosomatica ha infine reso più chiare quali connessioni ci siano fra corpo e mente, come l’uno influenzi l’altra e viceversa, per cui oggi sappiamo come e perché i sintomi fisici possano essere interpretati come traduzione di un disagio interiore.